Dalla volontà di due fratelli, Gilio e Vincenzo Munaro, di tornare lì, dove tutte ebbe inizio, a Funes.
Ognuno a modo suo, ma insieme. Gilio, da imprenditore, ristrutturando l’antico Casal, abbandonato da decenni. Vincenzo con l’arte che gli è propria, con undici strappi d’affresco.
Le opere interessate rappresentano per Munaro il lavoro più significativo della sua carriera. Il suo ritorno alle origini, alla casa natia. Lo scaturire più profondo e originario del suo cuore.
Vincenzo Munaro ha sicuramente dedicato la vita all’arte e l’arte è stata la sua vita. Oggi quel percorso lo ha riportato lì, in quel luogo in cui tutto ebbe inizio per lui, alla familiarità del suo borgo, per ridargli la vitalità di un tempo.
Per Chies d’Alpago un momento importante. Una viva testimonianza della volontà di una piccola, ma significativa comunità di montagna di non abbandonare i suoi borghi e la sua storia. Di voler continuare ad essere, nonostante le difficoltà di questo tempo.
Le opere infatti, collocate su alcuni edifici, rivitalizzeranno il centro di una frazione dalla storia millenaria, tra le più fiorenti della Conca dell’Alpago fino a un secolo fa, quanto contava diverse centinaia di abitanti. Poi le guerre, lo spopolamento della montagna e il disastro della frana del Tessina, ne hanno segnato profondamente il corso.
Basti pensare che ora conta una quarantina di abitanti, tanti quanti un tempo si potevano contare nel solo complesso abitativo denominato il “CASAL”, appena ristrutturato da Gilio Munaro, un esempio di emigrante che ritorna da imprenditore ad investire nel suo paese natio. O all’Associazione Funes, che rianima una vecchia casa, cercando di riunire chi è rimasto con i tanti che se ne sono andati e che a volte ritornano a far visita ai loro ricordi.